Domenica pomeriggio sedevo in un caffè con delle mie amiche. Una tazza bollente di matè e dolcetti greci.
Ci siamo trovate per liberare la mente, forse per capire, anche se non c’è davvero niente da capire.
Molto probabilmente per sentirci meno sole.
Assistiamo impotenti alla mostruosità di queste tragedie, e non importa che sia Parigi, un paese disperso nel cuore dell’Africa o una metropoli in un punto imprecisato dell’Oriente. Toglie la parola, la razionalità e diffonde nell’aria la paura, la paura di qualunque cosa.
Mi sembra di essere nel mezzo di una grande piazza, con gente che corre da tutte le parti. E io guardo il cielo, chiedendomi tra quanto comincerà a piovere.
In questo momento ci dovrebbe essere solo silenzio e calore umano, e invece no. Ritornano prepotentemente alla ribalta i soliti, vecchi discorsi, si fa a gara a chi grida più forte, con la solita strumentalizzazione delle tragedie a cui inevitabilmente segue il ping-pong di notizie fuorvianti, datate e false e che servono solo ad alimentare la sensazione di smarrimento, la paura, l’odio e l’ignoranza.
Ci riscopriamo professori di storia, geopolitica, teologia, citiamo libri che non abbiamo mai letto e condividiamo pensieri di cui non conosciamo la portata.
Non voglio essere parte del movimento che fomenta questa sete morbosa di tragedia, cerco di evitare di leggere le storie e i sogni infranti delle vittime, di guardare video e foto in cui si vedono persone correre terrorizzate, piangere, soffrire.. Ma in un modo o nell’altro finisco sempre per guardare, per leggere, per pensare.
Sì, ecco, più che pregare, queste tragedie mi fanno pensare.
Potevo esserci io in quel ristorante, o a quel concerto.
Perchè è successo? Perchè proprio lì? Perchè proprio loro? Potrebbe capitare anche a me?
In tutto questo non c’è nessuna logica e nessuna razionalità.
Quindi? Devo forse vivere nella costante paura di non ritornare più a casa?
Che schifo di mondo mi aspetta fuori dalla porta?
Vivir con miedo es como vivir a medias.
Sono cose più grandi di me, ma mi rifiuto di vivere a metà.
“Non possiamo fare niente”, continuava a ripetere la mia amica.
Già. Ma è davvero così?
Il mondo ti fa schifo? Cosa cambieresti? Cosa hai fatto per cambiarlo? .. Perchè non hai ancora cominciato a cambiarlo?
Non ho l’ambizione di salvare il mondo, ma di certo ho il potere di rendere il mio mondo un posto migliore. Non voglio stare a guardare. Voglio essere il cambiamento.
Voglio provarci, almeno.
Chissà dove potrà arrivare l’eco delle mie azioni e delle mie parole.
Respiro.
Si riparte.
Ciao
Claudia
(Comunque, la parrucca e la collana hawaiana mi servivano per andare al Carnevale di Colonia. Una mega festa in maschera, con musica, taaaaanta birra e una marea di gente. E’ stata una bella giornata, anche se con la mia parrucca fuxia e il mio meicap d’occasione sono stata scambiata per una stripper.
Ma in realtà io volevo essere Caccola in versione freak.)
Purtroppo in tutto questo c’è logica e razionalità. “Oh baby baby it’s a wild world, it’s hard to get by just upon a smile” 🙁
Volevo farti leggere questo articolo, lo lessi qualche giorno prima degli attentati ma adesso forse è ancora più valido: http://www.elmundo.es/opinion/2015/11/11/56423020268e3e2d7e8b45db.html
molto interessante, grazie! 🙂 è proprio questo che mi disturba, ci sono tante cose che mi sfuggono.. voglio davvero capire cosa muove tutto questo
Come va lì? siete al confine col Belgio, tutto tranquillo?
sì qui va tutto bene 🙂 è la mamma che è un po’ in paranoia 😛
Beh la capisco, sono mamma anche io! Torni al paesello x Natale?
Sì torno a casa il 19 dicembre 😀 mi fermo una decina di giorni e poi ritorno a Maastricht per l’ultimo mese.. sig sig!